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Fulmini, tra scienza e mistero: cosa sappiamo davvero delle saette?

Fulmini, tra scienza e mistero: cosa sappiamo davvero delle saette?
Photo by 12019 – Pixabay
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Ogni secondo, decine di fulmini colpiscono la Terra. Sono tra i fenomeni naturali più potenti e spettacolari, ma anche tra i più complessi da studiare. Ecco come si formano e cosa accade quando la natura scarica la sua energia.

Fulmini, tra scienza e mistero: cosa sappiamo davvero delle saette?
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Nel 1752, durante un temporale, Benjamin Franklin fece volare un aquilone legato a una chiave metallica. Quando un fulmine colpì l’oggetto, il fisico statunitense dimostrò ciò che fino ad allora era solo un’intuizione: i fulmini sono scariche elettriche attratte da cariche opposte. Fu l’inizio di uno studio sistematico sull’elettricità atmosferica. Oggi, grazie a secoli di progresso scientifico, la fulminologia – la scienza che studia i fulmini – ha fatto passi da gigante. Ma nonostante la tecnologia e i modelli matematici, il fenomeno resta in parte avvolto dal mistero. Cos’è davvero un fulmine? E perché si forma?

Un fenomeno che unisce plasma, luce e onde radio

A livello fisico, un fulmine è una scarica elettrica che si verifica quando si accumula una forte differenza di potenziale tra due zone con cariche opposte. Può avvenire tra una nube e il suolo, ma anche all’interno delle nuvole stesse. Il fulmine non è un evento singolo, bensì un insieme di elementi: un fascio di plasma incandescente (la saetta), una onda sonora (il tuono), emissioni di luce visibile, raggi X, frequenze radio e persino segnali magnetici.

Ogni anno, si stima che sulla Terra cadano circa 1,4 miliardi di fulmini. La maggior parte si concentra nelle zone tropicali, dove calore e umidità favoriscono la formazione di grandi nubi temporalesche. Il luogo con la più alta densità di fulmini? Il lago Maracaibo, in Venezuela: lì si possono contare anche 230 fulmini per chilometro quadrato all’anno.

Le condizioni ideali per far nascere un fulmine

Perché un fulmine si formi servono pochi, ma precisi, ingredienti. Innanzitutto, devono accumularsi cariche elettriche opposte, separate da un mezzo isolante – come l’atmosfera terrestre – in grado di sostenere una grande differenza di potenziale. Nelle nubi temporalesche, questo avviene grazie alla presenza di graupel (granuli di neve tonda) e cristalli di ghiaccio che, sfregando tra loro all’interno delle correnti ascensionali, si caricano elettricamente. Le particelle più pesanti tendono a restare in basso con carica negativa, mentre quelle più leggere vengono spinte in alto e si caricano positivamente. Così, la nube si trasforma in una sorta di gigantesca batteria naturale.

A seconda di dove avviene la scarica, distinguiamo fulmini nube-suolo e fulmini intra-nube. E la varietà non finisce qui: esistono anche fenomeni più rari e spettacolari come i fulmini globulari o quelli che si generano in quota, noti come sprite e blue jet.

Dal cielo alla Terra: il viaggio di un fulmine in millesimi di secondo

Tutto comincia con la scarica pilota, un flusso di elettroni che si muove verso il basso seguendo un percorso frammentato. Questa “avanguardia” della scarica crea piccoli segmenti di luce e radiazioni, spesso invisibili a occhio nudo. Ma quando finalmente tocca il suolo, si innesca il cosiddetto colpo di ritorno: un violento flusso di energia risale lungo lo stesso canale ionizzato, ed è questo che vediamo come la “saetta”. La temperatura può superare i 30.000 gradi Celsius, abbastanza da scaldare l’aria circostante al punto da farla esplodere in un fragoroso tuono.

Un singolo fulmine non è quasi mai un evento isolato. Spesso, infatti, più scariche successive percorrono lo stesso canale in rapida sequenza, dando l’illusione di un’unica lunga saetta. E nonostante i progressi scientifici, molti aspetti del fenomeno restano difficili da catturare e spiegare. Come misurare un evento che dura pochi centesimi di secondo, coinvolge energie colossali e si propaga su chilometri di atmosfera? È proprio questa sfida a rendere la fulminologia una disciplina ancora in piena evoluzione.