Una ricerca globale svela un ribaltamento nei flussi fluviali causato da clima e attività umane. Ecco cosa succede a monte e cosa rischiamo a valle.

Negli ultimi 35 anni, qualcosa di profondo è cambiato nei fiumi del mondo. Secondo uno studio condotto dalle Università del Massachusetts Amherst e di Cincinnati, pubblicato su Science, i grandi corsi d’acqua stanno registrando un netto calo di portata nei tratti finali, mentre i piccoli fiumi montani stanno vedendo un aumento significativo del flusso. L’indagine, basata su dati satellitari e modelli computazionali, ha esaminato la portata di quasi tre milioni di corsi d’acqua in tutto il pianeta. Un’analisi su scala mai vista prima, che ribalta le certezze sul comportamento dell’idrosfera.
Dal cielo alla Terra: lo studio senza precedenti
Le precedenti misurazioni fluviali si basavano su campioni limitati, rilevati con strumenti manuali e in tratti ben definiti. Ma, come spiega Colin Gleason, docente di Ingegneria civile e ambientale all’Università del Massachusetts Amherst, «i fiumi non sono entità isolate: se vogliamo capire cosa accade in un punto, dobbiamo guardare all’intero sistema, a monte e a valle». Per questo, assieme alla collega Dongmei Feng, ha sviluppato un sistema in grado di monitorare quotidianamente la portata di milioni di fiumi su un arco temporale di tre decenni. I risultati? Cambiamenti anche drastici, con variazioni annuali della portata tra il 5 e il 10% in molte aree del globo.
Gli effetti del cambiamento: fiumi divisi in due
Lo studio ha evidenziato due tendenze opposte. Nei grandi fiumi a valle, il 44% degli sbocchi ha subito un calo costante della portata. Al contrario, il 17% delle sorgenti dei piccoli fiumi a monte ha visto aumentare il volume d’acqua. Le cause? Da un lato, lo scioglimento accelerato delle nevi e l’aumento delle precipitazioni nelle aree montane; dall’altro, il prelievo massiccio di acqua per uso agricolo e domestico nelle zone a valle. Le conseguenze si fanno sentire: meno acqua nei tratti finali significa meno risorse per l’irrigazione, usi civili e un minore trasporto di sedimenti, essenziale per la stabilità dei delta contro l’innalzamento del mare.
Montagne più ricche, ma anche più fragili
Non è tutto negativo: un aumento del flusso a monte può favorire, in alcuni contesti, la biodiversità e la fertilizzazione naturale dei suoli attraverso le piene. Tuttavia, comporta anche rischi non trascurabili. Le portate più elevate aumentano la probabilità di inondazioni nei piccoli fiumi montani e intensificano i processi di erosione, trasportando sedimenti che possono ostruire le dighe e ridurre l’efficienza delle centrali idroelettriche. Tutti elementi da considerare con attenzione, soprattutto nella pianificazione delle infrastrutture energetiche e nella gestione sostenibile dell’acqua. La direzione dei fiumi, oggi, non è più solo una questione geografica: è un indicatore diretto dell’impatto climatico e delle scelte umane sul nostro ambiente.