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Soglia +2°C vicina: in pericolo Amazzonia e calotte polari

Soglia +2°C vicina: in pericolo Amazzonia e calotte polari
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Il riscaldamento disomogeneo colpisce duramente Asia, Sahel e Sud America, spingendo verso migrazioni climatiche di massa.

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Cresce la preoccupazione nella comunità scientifica internazionale: l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha reso noto che esiste una probabilità dell’80% che, entro il 2030, la Terra registri un nuovo record annuale di temperatura globale. Aumentano dunque le possibilità che si infranga un equilibrio climatico già estremamente fragile. L’agenzia delle Nazioni Unite avverte che gli effetti potrebbero essere devastanti: dalla crescente frequenza di alluvioni distruttive a incendi sempre più estesi, fino a siccità croniche in grado di mettere in ginocchio interi settori agricoli.

Il rapporto pubblicato il 28 maggio introduce anche un’ipotesi che, fino a poco tempo fa, appariva remota: c’è l’1% di possibilità che entro il 2030 si verifichi un anno con una temperatura media globale superiore di 2°C rispetto ai livelli preindustriali. Per quanto questa probabilità sia bassa, rappresenta un segnale allarmante. Non solo dal punto di vista scientifico, ma anche politico: superare i +2°C vorrebbe dire certificare il fallimento dell’Accordo di Parigi, siglato nel 2015 per limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, con l’obiettivo preferenziale di mantenerlo entro +1,5°C.

Il +1,5°C è già realtà: punto di non ritorno più vicino

Nel 2024 il mondo ha vissuto il primo anno intero con temperature superiori di +1,5°C rispetto all’era preindustriale. Un evento mai accaduto prima nella storia dell’umanità e ritenuto improbabile fino al 2014. Il superamento di questa soglia ha infranto il record stabilito solo un anno prima, nel 2023, proseguendo una sequenza di picchi che non possono più essere liquidati come anomalie isolate.

Le proiezioni indicano che tra il 2025 e il 2029 c’è il 70% di probabilità che anche la media quinquennale superi la soglia simbolica dei +1,5°C. Se dovesse accadere, significherebbe aver raggiunto una nuova normalità climatica, con implicazioni sistemiche. Non sarebbe più un singolo picco annuale, ma l’inizio di una tendenza irreversibile.

Conseguenze irreversibili: cosa accade superando i +2°C

Il superamento duraturo della soglia dei +2°C rappresenterebbe una linea rossa oltre la quale il clima terrestre potrebbe subire trasformazioni irreversibili. Lo confermano migliaia di studi coordinati dall’Ipcc, il gruppo intergovernativo dell’ONU sul cambiamento climatico. Tra gli scenari più critici: lo scioglimento definitivo delle calotte glaciali in Groenlandia e nell’Antartide occidentale, la trasformazione dell’Amazzonia in una savana secca e l’acidificazione accelerata degli oceani, con conseguenze devastanti per la vita marina.

Tutto ciò non si tradurrebbe solo in danni ambientali: intere regioni del pianeta rischiano di diventare invivibili, spingendo centinaia di milioni di persone a migrazioni forzate. E a complicare ulteriormente la situazione ci sono fattori naturali che, pur non essendo direttamente causati dall’uomo, amplificano gli effetti del riscaldamento globale. Tra questi, un episodio di El Niño particolarmente intenso nel 2024 e una fase positiva dell’Oscillazione Artica che ha accelerato la fusione dei ghiacci al Polo Nord.

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Dove colpirà più duramente il cambiamento climatico

Non tutte le aree del mondo affronteranno le stesse conseguenze né con la medesima rapidità. I dati della Wmo parlano chiaro: l’Artico è la zona che si sta riscaldando più velocemente, con un ritmo 3,5 volte superiore alla media globale. Questo avviene per effetto del cosiddetto “feedback dell’albedo”: quando il ghiaccio si scioglie, lascia spazio all’oceano scuro che assorbe calore anziché rifletterlo, accelerando ulteriormente il riscaldamento.

Altrove, le conseguenze si faranno sentire in modo altrettanto violento. L’Asia meridionale – che ospita oltre due miliardi di persone – dovrà affrontare piogge torrenziali e ondate di calore estremo. Nel Sahel africano, le piogge aumenteranno in modo imprevedibile, mentre l’Amazzonia sarà sempre più esposta a periodi di siccità prolungata, compromettendone il ruolo di “polmone verde” del pianeta. Queste dinamiche sono influenzate dalla complessa rete di correnti atmosferiche e oceaniche, che redistribuiscono il calore in modo non uniforme, rendendo alcune aree veri e propri epicentri della crisi climatica.