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Mandragora, tra mito e veleno: la pianta che inganna ancora oggi

Mandragora, tra mito e veleno: la pianta che inganna ancora oggi
Photo by eriktx – Pixabay
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Temuta per la sua tossicità, celebrata nella cultura pop e protagonista di leggende secolari, la mandragora continua a confondere, affascinare e, purtroppo, avvelenare.

Mandragora, tra mito e veleno: la pianta che inganna ancora oggi
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Nota fin dall’antichità per le sue presunte proprietà magiche, la mandragora è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Solanacee, la stessa di patate e pomodori. Le due specie più comuni in Italia – Mandragora officinarum e Mandragora autumnalis – crescono spontanee nelle zone mediterranee, dal Sud Europa al Nord Africa. Le foglie ampie disposte a rosetta, i fiori violacei e le bacche giallastre potrebbero sembrare innocui tratti distintivi. Eppure è la radice a catturare l’immaginazione: dalla forma grottesca e vagamente antropomorfa, ricorda un piccolo corpo umano, un dettaglio che ha contribuito alla sua fama sinistra.

Non a caso, il nome stesso deriva dal persiano mandrun-ghia, che significa “erba-uomo”. La radice contorta, spesso simile a un piccolo essere umano con gambe e volto, ha alimentato nei secoli leggende e superstizioni. Dai film di Harry Potter alla tradizione erboristica medievale, la mandragora è diventata simbolo di potere arcano e mistero letale.

Una tossicità potente nascosta dietro l’aspetto comune

Tutte le parti della pianta – radice, fusto, foglie, fiori e frutti – contengono una miscela di alcaloidi tropanici altamente tossici, tra cui atropina, iosciamina e scopolamina. Queste sostanze agiscono sul sistema nervoso e possono causare un ampio spettro di sintomi, da secchezza delle fauci, arrossamenti e febbre, fino a delirio, allucinazioni, spasmi muscolari e coma.

A rendere la mandragora particolarmente pericolosa è la sua sorprendente somiglianza con alcune erbe commestibili, come spinaci selvatici, borragine o moro amaro. L’errore è dietro l’angolo: nel 2022 a Napoli, si è ipotizzato un caso di avvelenamento da mandragora proprio per uno scambio con verdure da campo. Il problema non sta solo nella potenza del veleno, ma nella sua capacità di mascherarsi.

Come distinguerla (e perché è meglio non provarci da soli)

Il riconoscimento botanico della mandragora non è affare da dilettanti. Anche se presenta tratti distintivi, come fiori violacei e bacche tondeggianti, distinguerla da altre erbe spontanee richiede competenza specifica. Gli esperti consigliano sempre di evitare la raccolta di piante selvatiche se non si è assolutamente certi della loro identificazione. Anche lievi errori possono avere conseguenze gravi o letali.

Sebbene online esistano guide e manuali ufficiali per il riconoscimento delle specie vegetali – come quelle pubblicate dal Ministero della Salute – l’osservazione di immagini non basta. La prudenza resta la migliore difesa: se una pianta non è perfettamente riconosciuta, non va né raccolta né consumata.

Tra stregoneria e medicina: la lunga ombra della mandragora

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Photo by YosoyArley – Pixabay

Per secoli considerata una pianta magica, la mandragora ha attraversato culture e continenti. In epoche antiche veniva utilizzata come narcotico, afrodisiaco, sedativo o ingrediente in filtri d’amore. Tuttavia, gli effetti collaterali spesso superavano i presunti benefici. L’uso medicinale è stato abbandonato da tempo, ma il suo impatto sulla cultura resta fortissimo.

Attorno alla mandragora si sono sviluppate credenze oscure: si diceva che contenesse l’anima del diavolo o degli impiccati, e che le sue urla – udibili al momento dell’estrazione – potessero uccidere. Leggende raccontano di rituali complessi con corde, cani neri e crocifissi per estrarla in sicurezza. La sua presenza si ritrova in antichi testi come De materia medica di Dioscoride, nella Mandragola di Machiavelli, fino alle pagine di J.K. Rowling.

Ancora oggi, la mandragora resta un simbolo di ciò che la natura può nascondere sotto un’apparenza comune: un mistero vegetale tanto affascinante quanto letale.