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Origini di Babbo Natale: da San Nicola al mito moderno

Origini di Babbo Natale: da San Nicola al mito moderno
Photo by cromaconceptovisual – Pixabay
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La poesia di Clement C. Moore del 1822 rivoluzionò l’immagine del santo, trasformandolo in un’icona natalizia globale e laica.

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La leggenda di Babbo Natale affonda le radici nella figura di San Nicola, vescovo di Myra vissuto nel IV secolo e celebrato il 6 dicembre. La sua fama nacque da episodi di generosità e misericordia: donò una dote a tre giovani fanciulle per salvarle dalla prostituzione e, secondo un’altra tradizione, riportò in vita tre bambini assassinati. Durante il Medioevo, il 6 dicembre divenne un giorno di festa in molte parti d’Europa, celebrato con lo scambio di doni, soprattutto nei Paesi Bassi, in Germania, Austria e in alcune zone d’Italia come Trieste e l’Alto Adige.

In queste tradizioni locali, San Nicola cavalca nella notte del 5 dicembre, portando doni ai bambini buoni. Ai più disobbedienti, invece, fa visita un oscuro servitore peloso, figura minacciosa che riequilibra la bontà del santo con un tocco di severità.

Dalla leggenda al mito: l’evoluzione di Santa Claus

Con la Riforma protestante, il volto del santo perse le sembianze del vescovo cattolico, pur mantenendo il suo ruolo benefico sotto nomi come Samiklaus o Sinterclaus. I festeggiamenti si spostarono dal 6 dicembre al Natale, il giorno più significativo del calendario cristiano.

La svolta avvenne nel 1822, quando lo scrittore americano Clement C. Moore compose una poesia che immortalava il moderno Santa Claus: un uomo robusto, con la barba bianca, il sacco pieno di regali e una slitta trainata da renne. Negli anni Cinquanta questa versione conquistò l’Europa e, anche in Italia, si trasformò nel Babbo Natale che oggi tutti conosciamo.

Il culto del santo tra storia e miracoli

San Nicola nacque a Patara nel 270 e fu realmente vescovo di Myra, nell’odierna Turchia. Alcuni indizi storici ne confermano l’esistenza: il suo nome figura tra i partecipanti al Concilio di Nicea del 325. Le sue biografie, pur piene di elementi leggendari, raccontano di un bambino che fin dalla culla mostrava segni di santità, osservando il digiuno ecclesiastico già in tenera età.

Morì tra il 345 e il 352, e anche dopo la morte continuò a ispirare miracoli: dalle sue reliquie, custodite a Myra fino all’XI secolo, si dice sgorgasse un olio profumato ritenuto miracoloso. Quando la città cadde in mano musulmana, le sue ossa furono trafugate nel 1087 da marinai baresi e portate in Puglia. Qualche anno dopo, anche i veneziani recuperarono parte delle spoglie, custodendole nell’Abbazia di San Nicolò del Lido. Solo nel 1992, grazie all’analisi del DNA, si è stabilito che i resti conservati nelle due città appartengono allo stesso uomo.

Patrono dei bambini e dei marinai: un santo universale

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Il culto di San Nicola si diffuse lungo le rotte del Mediterraneo e raggiunse Roma, Gerusalemme, Costantinopoli, fino alla Russia e all’Europa centrale. Celebre è l’episodio delle tre fanciulle salvate grazie a tre sacchi d’oro, gesto che lo consacrò come protettore delle giovani spose e simbolo di generosità.

Un altro racconto, particolarmente cruento, rafforza il legame tra San Nicola e i bambini: tre ragazzi, accolti in una locanda, vengono uccisi e messi in salamoia dai proprietari. Il santo, arrivato poco dopo, li resuscita, restituendoli alle loro famiglie. Questo episodio veniva ricordato nelle scuole ecclesiastiche durante la Festa degli Innocenti, il 28 dicembre, in una celebrazione che mescolava sacro e profano, con bambini vestiti da “vescovi” chiamati a distribuire regali.

Il culto resistette anche ai tentativi della Chiesa di arginare le esuberanze delle celebrazioni popolari. Alla fine, fu proprio la devozione dei più piccoli a mantenere vivo il mito, trasformando un antico vescovo dell’Asia Minore nel simbolo natalizio più amato al mondo.