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Perché Galileo rivoluzionò la fisica senza esperimenti

Perché Galileo rivoluzionò la fisica senza esperimenti
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Dal paradosso logico alla relatività: un’intuizione seicentesca che ancora oggi plasma la nostra comprensione dello spazio-tempo.

Perché Galileo rivoluzionò la fisica senza esperimenti
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Per secoli, si è raccontato che Galileo Galilei abbia lasciato cadere due pesi dalla Torre di Pisa per dimostrare che oggetti di massa diversa cadono alla stessa velocità. Ma quella scena iconica, sebbene affascinante, non è mai accaduta. In realtà, lo scienziato pisano usò un esperimento mentale, elegante e potente, che sfidava apertamente la visione aristotelica del mondo.

Un esperimento che si svolge solo nella mente

Immaginate due oggetti: uno pesante e uno più leggero. Se davvero, come sosteneva Aristotele, i corpi più massicci cadono più in fretta, allora quello leggero dovrebbe rallentare l’altro se legati insieme. Insieme, però, formano un corpo ancora più pesante—e secondo la stessa logica, dovrebbero cadere più rapidamente. Quale delle due affermazioni è vera? Il paradosso mette in crisi il pensiero tradizionale e apre le porte a una verità più profonda.

La scoperta che ha cambiato tutto

Galileo intuì che la risposta non stava nella massa, ma nell’accelerazione. Tutti i corpi, indipendentemente dal loro peso, cadono con la stessa accelerazione in assenza di resistenza dell’aria. Una rivelazione che smantella l’autorità della fisica aristotelica e pone le basi per la meccanica moderna. Isaac Newton, un secolo dopo, avrebbe costruito su questa intuizione la legge di gravitazione universale.

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Dalla mente di Galileo al cuore della relatività

Non è solo la fisica classica a dover qualcosa a Galileo. La sua idea che gravità e accelerazione siano profondamente legate getta un ponte fino alla teoria generale della relatività di Einstein. Il principio di equivalenza, fondamento della visione einsteiniana dello spazio-tempo, nasce proprio da quella stessa intuizione: ciò che percepiamo come forza di gravità è, in fondo, un effetto dell’accelerazione. Un pensiero germogliato nel silenzio di uno studio pisano del Seicento.