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Come sono nati i nomi delle nuvole: un viaggio tra scienza, storia e latino

Come sono nati i nomi delle nuvole: un viaggio tra scienza, storia e latino
Photo by Peggy_Marco – Pixabay
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Le nuvole non sono solo scenari poetici nel cielo: sono elementi chiave del tempo atmosferico, e la loro classificazione ha radici antiche, intrecciate con la storia della scienza e della lingua.

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Nel cielo si disegna da sempre lo stato d’animo del meteo. Se il sole domina indisturbato, la colpa—o il merito—è della totale assenza di nuvole. Ma quando il cielo si popola di forme sempre più scure e minacciose, il messaggio è chiaro: la pioggia è in arrivo. Comprendere le nuvole è da sempre una priorità per i meteorologi. E per farlo, serve anche dare loro un nome. I primi tentativi risalgono alla fine del Settecento, quando il biologo Jean-Baptiste Lamark provò a classificarle in base all’aspetto. Tuttavia, fu un chimico britannico a rivoluzionare davvero il modo di nominarle: Luke Howard, farmacista di professione e meteorologo per passione. Nel 1803 pubblicò un’opera, Essay on the Modification of Clouds, in cui divise le nuvole in tre categorie principali, utilizzando il latino: Cirrus, Stratus e Cumulus. La semplicità e la chiarezza della sua proposta conquistarono rapidamente la comunità scientifica.

La nascita dell’atlante delle nubi

Nei decenni successivi, altri studiosi perfezionarono il sistema di Howard, introducendo sottocategorie e nuove denominazioni. Il tedesco Kaemtz, ad esempio, nel 1840 definì il tipo Strato-Cumulus, mentre nel 1855 Renou arricchì la classificazione con Cirro-Cumulus, Cirro-Stratus, Alto-Cumulus e Alto-Stratus. La varietà delle forme osservate in cielo richiedeva infatti un linguaggio sempre più dettagliato. Nel 1887, un nuovo approccio cambiò nuovamente le carte in tavola: Hugo Hildebrandsson e Ralph Abercromby suggerirono di ordinare le nuvole in base all’altitudine, distinguendole in tre gruppi principali: basse (sotto i 2.500 metri), medie (fra 2.500 e 5.000 metri) e alte (oltre i 5.000 metri). Anche se questa classificazione non sostituì quella morfologica originale, divenne un utile complemento tuttora adottato.

Dall’osservazione alla standardizzazione internazionale

Con il XX secolo, la necessità di uniformare la terminologia spinse la comunità scientifica verso una classificazione ufficiale. Nel 1921, l’Organizzazione Meteorologica Internazionale avviò un progetto ambizioso: la realizzazione di un Atlante delle Nubi condiviso a livello globale. Il lavoro richiese ben undici anni e vide la luce nel 1932, grazie al coordinamento del servizio meteorologico francese. L’opera raccoglieva illustrazioni, descrizioni dettagliate e codici specifici per ciascun tipo di nube, fungendo da riferimento per meteorologi di tutto il mondo.

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L’ultima edizione e l’eredità di un sistema complesso

Ma il lavoro non si fermò lì. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l’introduzione di nuovi codici meteorologici stabiliti a Washington nel 1947, fu necessario aggiornare l’Atlante. Un comitato guidato da Viaut, direttore del servizio meteorologico francese, intraprese la revisione del testo, mantenendo però intatta l’impostazione originaria. L’edizione definitiva venne pubblicata nel 1957, dieci anni dopo le decisioni internazionali. La lunga gestazione e le numerose revisioni rivelano quanto fosse complesso armonizzare osservazione, linguaggio e metodologia. Eppure, ancora oggi, i nomi delle nuvole ci parlano in latino, raccontando il cielo con rigore scientifico e un tocco di poesia.