Lo tsunami ha colpito anche il Perù, causando una fuoriuscita di petrolio al largo di Lima durante un’operazione di rifornimento.

Quando il vulcano sottomarino Hunga Tonga – Hunga Ha’apai ha eruttato con forza devastante nel gennaio 2022, l’impatto è stato immediato e drammatico. L’esplosione, con un indice di esplosività vulcanica (VEI) stimato pari a 5, ha sollevato una gigantesca nube di cenere e gas, oscurando il cielo e limitando la luce solare. A Tonga, i danni sono ancora in fase di valutazione, anche a causa delle difficoltà di comunicazione con l’arcipelago. Ma le ripercussioni si sono fatte sentire anche lontano: un’onda di tsunami ha attraversato l’oceano fino a raggiungere le coste del Perù, provocando una fuoriuscita di circa 6.000 barili di greggio al largo di Lima durante un’operazione di rifornimento.
Un’eruzione spettacolare, ma con effetti limitati sul clima
Alla luce delle osservazioni attuali, gli esperti concordano: l’eruzione del Hunga Tonga – Hunga Ha’apai, per quanto imponente, non dovrebbe causare un cambiamento climatico rilevante. Le eruzioni in grado di incidere sul clima globale devono spingere nella stratosfera quantità massicce di anidride solforosa (SO₂), capaci di creare aerosol che riflettono la luce solare. In questo caso, pur raggiungendo un’altezza di circa 30 km – ben oltre la soglia critica di 10 km – le stime sulla SO₂ variano tra le 100.000 e le 400.000 tonnellate: un ordine di grandezza ben al di sotto dei livelli necessari per un impatto climatico significativo. Secondo Brian Toon, ricercatore dell’Università del Colorado, eventuali effetti saranno “osservabili solo dagli scienziati, ma impercettibili per la popolazione”.
Quando i vulcani cambiano davvero il clima
La storia ci insegna che alcuni vulcani sono riusciti a modificare profondamente il clima terrestre. L’eruzione del monte Pinatubo, nelle Filippine, il 15 giugno 1991, è uno degli esempi più recenti e documentati. Con una colonna eruttiva alta 35 km e un rilascio stimato di 20 milioni di tonnellate di SO₂, l’evento causò un raffreddamento globale medio di circa 0,5 °C nei mesi successivi. La nube vulcanica, una volta nella stratosfera, reagì con il vapore acqueo formando aerosol di acido solforico che si dispersero in tutto il pianeta, bloccando parte della radiazione solare.
L’anno senza estate: Tambora e il 1816

Andando ancora più indietro nel tempo, troviamo uno degli episodi vulcanici più influenti nella storia del clima: l’eruzione del Tambora, in Indonesia, il 10 aprile 1815. La violenza dell’evento fu tale da scagliare oltre 150 km³ di tefra – una miscela di roccia e cenere – fino a 1.300 chilometri di distanza. Gli effetti si fecero sentire l’anno successivo, con l’ormai celebre “anno senza estate” del 1816. In Europa settentrionale e Nord America si verificarono nevicate estive, gelate fuori stagione e carestie diffuse. Un esempio estremo, che ci ricorda come la forza della natura possa, a volte, riscrivere anche il clima del pianeta.