Secondo l’ONU, il ritorno ai livelli del 1980 è atteso entro il 2040 per molte aree, grazie all’eliminazione dei CFC nocivi.

Il buco dell’ozono rappresenta una riduzione significativa dello spessore dello strato di ozono che protegge la Terra dai raggi ultravioletti, situato tra i 25 e i 50 km di altitudine. La sua formazione è stata collegata all’uso massiccio di clorofluorocarburi (CFC), composti chimici presenti in refrigeratori, condizionatori e spray aerosol. Il fenomeno è stato identificato nel 1985, in particolare sopra l’Antartide, e ha subito suscitato preoccupazione a livello globale. Due anni dopo, nel 1987, è stato firmato il Protocollo di Montréal, entrato in vigore nel 1990, con l’obiettivo di eliminare progressivamente le sostanze responsabili di questa erosione.
Verso la chiusura del buco: le previsioni degli scienziati
Oggi, a distanza di decenni, i segnali di recupero sono incoraggianti. Secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite, se le politiche attuali resteranno in vigore, lo strato di ozono potrebbe tornare ai livelli del 1980 già entro il 2040 nella maggior parte del pianeta. Tuttavia, sopra le regioni polari il recupero richiederà più tempo: si stima che il buco si chiuderà entro il 2045 sopra l’Artico e intorno al 2066 sopra l’Antartide. Il merito va all’eliminazione graduale del 99% delle sostanze ozono-lesive, un impegno condiviso da governi e industrie in tutto il mondo.
Una vittoria anche per il clima
La riduzione delle sostanze nocive ha portato benefici che vanno oltre la sola protezione dallo strato di ozono. Il Protocollo di Montréal ha contribuito anche alla lotta contro il riscaldamento globale, evitando finora un aumento della temperatura media mondiale di circa 0,5 °C. Un ulteriore passo avanti è stato compiuto con l’emendamento di Kigali del 2016, che prevede la riduzione progressiva degli idrofluorocarburi (HFC). Sebbene questi non danneggino direttamente l’ozono, agiscono come potenti gas serra. Secondo le stime, il loro controllo potrebbe evitare un ulteriore riscaldamento compreso tra 0,3 e 0,5 °C entro la fine del secolo.
Un modello di cooperazione globale

Il recupero dello strato di ozono dimostra che la cooperazione internazionale può produrre risultati concreti nella protezione dell’ambiente. Il segretario generale dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia, Petteri Taalas, ha definito questo successo “un messaggio di speranza” per il futuro del clima terrestre. La risposta al buco dell’ozono non è solo un capitolo positivo della storia ambientale recente, ma anche un modello replicabile per affrontare sfide ambientali complesse come il cambiamento climatico.