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Meteorologia, una scienza (quasi) esatta: perché le previsioni non sono infallibili

Meteorologia, una scienza (quasi) esatta: perché le previsioni non sono infallibili
Photo by geralt – Pixabay
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Nonostante si basi su principi scientifici solidi, la meteorologia resta una disciplina intrinsecamente probabilistica. Ecco perché, pur essendo scientifica, non garantisce certezze assolute.

Meteorologia, una scienza (quasi) esatta: perché le previsioni non sono infallibili
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Una scienza fondata su matematica e fisica, ma non infallibile

Chi non si è mai trovato a guardare fuori dalla finestra e pensare: “Ma non doveva esserci il sole oggi?”. Le previsioni meteo, per quanto supportate da strumenti sofisticati e discipline rigorose come la fisica e la matematica, non sono mai impeccabili. Questo non significa che la meteorologia sia imprecisa o poco affidabile: al contrario, si tratta di una scienza complessa e altamente specializzata. Tuttavia, a differenza di formule matematiche con soluzioni esatte, le previsioni del tempo si muovono in un campo fatto di probabilità e margini di errore, perché descrivono eventi futuri in contesti estremamente variabili.

La natura probabilistica delle previsioni meteo

La meteorologia si colloca tra le cosiddette “scienze quasi esatte”: esprime la probabilità che un determinato fenomeno atmosferico si verifichi in un certo luogo e in un preciso momento. Questo carattere probabilistico è spesso frainteso, generando l’idea che il meteo “sbagli”. In realtà, dietro ogni previsione si nasconde un’elaborazione basata su dati raccolti in tempo reale, modelli matematici avanzati e simulazioni al computer. Se il margine di errore esiste, è perché le condizioni atmosferiche si evolvono secondo meccanismi non sempre prevedibili, seppur scientificamente modellizzati.

Quattro limiti che rendono le previsioni approssimative

A rendere fallibili le previsioni meteo sono principalmente quattro fattori. Il primo riguarda l’impossibilità di conoscere in modo perfetto lo stato iniziale dell’atmosfera: nonostante l’elevato numero di stazioni meteorologiche, non è possibile raccogliere dati in ogni singolo punto del pianeta. Il secondo limite deriva dalla semplificazione delle leggi fisiche utilizzate nei modelli numerici: molte equazioni non possono essere risolte esattamente e devono quindi essere approssimate. A questi si aggiunge la necessità di interrompere i calcoli prima che siano completamente conclusi, per rispettare i tempi di pubblicazione dei bollettini. Infine, c’è il tema della risoluzione: più è dettagliata la griglia del modello, maggiore è la precisione ma anche la complessità computazionale. Prevedere il meteo sull’Italia con una risoluzione di 8 km, ad esempio, richiede oltre 300.000 miliardi di operazioni: un’impresa che nemmeno migliaia di operatori umani riuscirebbero a concludere in tempi utili.

Il caos atmosferico e l’effetto farfalla

Anche immaginando uno scenario ideale — conoscenze perfette, leggi fisiche senza approssimazioni e computer dalla potenza illimitata — la previsione del tempo non potrebbe mai essere esatta al 100%. Questo perché l’atmosfera è un sistema caotico: piccolissime variazioni in un punto qualunque possono propagarsi e amplificarsi, alterando l’equilibrio dell’intero sistema. È il principio dell’effetto farfalla, secondo cui il battito d’ali di un insetto in un continente potrebbe generare un uragano in un altro. In pratica, più ci si allontana temporalmente dal momento dell’osservazione iniziale, meno affidabili diventano le previsioni. Superato un certo limite, persino il caso potrebbe essere altrettanto accurato. Per questo non ha senso aspettarsi una previsione meteo iper-localizzata e sempre perfetta: un sogno affascinante, ma che resterà tale.