Veloci, potenti e imprevedibili: le onde di tsunami possono attraversare oceani interi e colpire con forza devastante le coste lontane.

Il termine tsunami deriva dal giapponese e significa letteralmente “onda del porto”. Ma dietro questo nome si cela un fenomeno naturale tra i più pericolosi e impressionanti: un’onda marina di enorme estensione e altezza, capace di viaggiare a grandissima velocità e trasformarsi, in prossimità della costa, in un vero e proprio muro d’acqua alto anche decine di metri.
Quando uno tsunami colpisce, nulla è al sicuro: navi, edifici, porti e infrastrutture vengono spazzati via in pochi minuti. L’impatto è spesso catastrofico e può coinvolgere migliaia di persone, lasciando dietro di sé distruzione e vittime.
Come si forma uno tsunami
A generare uno tsunami è quasi sempre un evento improvviso e violento che coinvolge il fondale marino. Il caso più comune è quello di un terremoto sottomarino: quando le placche tettoniche si muovono bruscamente verso l’alto o verso il basso, spingono con forza la colonna d’acqua sovrastante, dando origine all’onda. Ma anche frane sottomarine, smottamenti costieri o, più raramente, eruzioni vulcaniche marine possono innescare il fenomeno.
Nel mare aperto, l’onda generata si muove quasi invisibile, con un’altezza ridotta ma una velocità che può superare i 700 km/h. È solo quando si avvicina alla costa, dove il fondale si fa meno profondo, che l’onda rallenta, si comprime e cresce in altezza, fino a raggiungere dimensioni imponenti e distruttive.
Onde che viaggiano per migliaia di chilometri
Uno degli aspetti più affascinanti – e inquietanti – degli tsunami è la loro capacità di viaggiare per distanze enormi senza perdere potenza. Secondo alcuni geofisici canadesi, è possibile che alcuni tsunami che in passato hanno colpito il Giappone siano stati generati da terremoti avvenuti lungo le coste del Nord America, in particolare tra California e Canada.
Un caso emblematico sarebbe quello dello tsunami del gennaio 1700, che devastò le coste di Hondo, la principale isola dell’arcipelago giapponese. I ricercatori ipotizzano che l’onda possa essere partita da un forte sisma verificatosi al largo della costa pacifica nordamericana, attraversando l’intero Oceano Pacifico per migliaia di chilometri senza perdere in modo significativo la propria energia.
Perché gli tsunami restano una minaccia attuale

Gli tsunami non appartengono solo alla storia. Eventi come quello del Sud-Est asiatico nel 2004 o del Giappone nel 2011 dimostrano quanto siano ancora attuali e devastanti. Nonostante i progressi nei sistemi di allerta e monitoraggio, prevedere uno tsunami con largo anticipo resta una sfida complessa. Le onde si muovono troppo rapidamente e colpiscono spesso con poco preavviso.
Per questo motivo, la conoscenza dei meccanismi che li generano, la cooperazione internazionale tra centri sismologici e la preparazione delle popolazioni costiere sono strumenti fondamentali per ridurre il numero di vittime e i danni materiali.