Le piogge aiutano a ridurre l’inquinamento atmosferico e i livelli di smog, ma il meccanismo non è sempre così semplice. Ecco cosa succede davvero quando l’acqua incontra l’aria inquinata.

Da decenni conviviamo con polveri sottili, ossidi di azoto e smog, soprattutto nelle aree urbane e industriali. Nei mesi invernali, quando l’aria ristagna, la speranza di una pioggia o una nevicata cresce tra chi vive in città soffocate dalle polveri: le precipitazioni sono infatti tra i metodi più efficaci per ripulire l’aria. Il meccanismo chiave è la deposizione umida, attraverso cui gli inquinanti vengono catturati da gocce di pioggia o fiocchi di neve e trasportati al suolo. Esistono due fasi principali: il rain-out, ovvero l’assorbimento delle particelle direttamente dentro le nubi, e il wash-out, la “pulizia” che avviene durante la caduta, quando le precipitazioni attraversano l’atmosfera raccogliendo ulteriori inquinanti sospesi.
Piogge acide e gas nocivi: non è tutta pulizia
Non tutti gli inquinanti si comportano allo stesso modo. Alcuni gas come gli ossidi di azoto (NOx) e lo zolfo (SOx) non vengono catturati solo meccanicamente: reagiscono chimicamente con l’acqua atmosferica, generando acidi che abbassano il pH delle precipitazioni. Il risultato? Le piogge acide, che danneggiano edifici, statue, vegetazione e suoli anche lontano dalla fonte dell’inquinamento. Un esempio emblematico è l’erosione visibile su molte opere d’arte in pietra, come i gargoyle della cattedrale di Notre-Dame. Anche l’anidride carbonica (CO₂) partecipa al processo, ma con effetti minori: il suo acido carbonico è debolmente acido e si forma anche in ambienti poco contaminati.
Quanto è efficace la pioggia contro lo smog? I dati
A valutare l’efficacia delle precipitazioni nel ridurre l’inquinamento ci aiuta l’Air Quality Index (AQI), un indicatore che sintetizza le concentrazioni di diversi agenti nocivi nell’aria, da ozono e PM10 ai gas tossici. Uno studio condotto nel 2021 in due città cinesi, Jinan e Qingdao, ha monitorato 18 eventi piovosi o nevosi. In 15 di questi si è osservato un calo dell’AQI, con una riduzione media del 23% durante le precipitazioni e fino al 32% al termine, e un crollo delle PM2.5 del 42%. Tuttavia, in tre casi l’indice non è sceso, anzi è salito: l’aumento potrebbe essere legato alla ripresa delle fonti inquinanti o alla ridotta circolazione atmosferica post-pioggia. Un segnale che non basta la pioggia da sola a migliorare l’aria: servono condizioni meteorologiche favorevoli e una gestione più attenta delle emissioni.
Pollini, acari e alghe: gli altri effetti delle precipitazioni

Le piogge non agiscono solo su gas e particolato. Per chi soffre di allergie stagionali, una precipitazione prolungata può portare sollievo, abbattendo la concentrazione di pollini in atmosfera. Ma attenzione: forti acquazzoni estivi possono avere l’effetto opposto, risollevando pollini già depositati e amplificando la reazione allergica. Anche l’umidità persistente può favorire la crescita di muffe e acari, peggiorando i sintomi in ambienti chiusi. Infine, piogge che trasportano composti azotati (come nitrati e sali di ammonio, spesso prodotti agricoli) possono arricchire il terreno, ma anche alimentare fenomeni pericolosi come i bloom algali, ossia la proliferazione incontrollata di alghe in laghi e mari. Queste microalghe, spesso tossiche, compromettono la salute degli ecosistemi e possono rendere le acque inadatte alla vita.